dott giuseppe greco camer
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Dalla crisi di marginalità della rete ai nuovi prodotti per la mobilità; dal flop delle norme contro le frodi ai “pirati” dell’extrarete. Con una fotografia impietosa delle società di vendita di elettricità e gas: finito il quantitative easing della Banca centrale europea, saranno in molti a saltare. Un colloquio a tutto campo con il direttore Giuseppe Greco.

Partiamo dal vostro core business, la distribuzione carburanti: come vede il futuro del settore?

Credo che la crisi di marginalità del settore rete carburanti in Italia sia strutturale e non mi meraviglio che molte compagnie petrolifere abbiano deciso prima di trasformare le stazioni di rifornimento da servite in total-self e poi abbiano preferito cedere le stesse stazioni di carburante a soggetti terzi capaci di una gestione più snella e a costi più contenuti, ma mi chiedo se chi è entrato in questo mercato abbia veramente valutato le prospettive future.
Un capitolo a parte credo che lo meriti la Gdo, che è entrata nel mercato Italiano un po’ a gamba tesa, praticando prezzi molto concorrenziali, a volte al limite della convenienza economica di settore. Da subito ha portato a casa grossi volumi di vendita, aprendo sempre nuove stazioni, utilizzando il cash flow operativo e sfruttando l’effetto sorpresa del mercato italiano lento ad accettare le nuove sfide commerciali. Con il passare dei mesi sia i retisti privati che le compagnie petrolifere hanno iniziato a rispondere, adeguando i loro prezzi di vendita a quelli delle stazioni della Gdo.
La nostra società ha risposto da subito ad ogni impianto di carburanti della Gdo costruito nelle vicinanze di nostri impianti di carburanti, praticando gli stessi prezzi di vendita. La conseguenza è stata che i loro volumi non sono stati soddisfacenti come in altre aree commerciali e i prezzi di vendita si sono livellati leggermente al rialzo. La vendita degli impianti stradali di carburanti da parte di Ipercoop è un segnale di resa della Gdo o forse di presa d’atto che il settore non è più profittevole come lo era solo pochi anni fa. Ma la crisi del settore rete ci preoccupa in considerazione anche dell’avvento dell’auto elettrica e soprattutto dell’auto ibrida. Tutto ciò inevitabilmente porterà ad una contrazione dei consumi nei prossimi dieci anni.

Bisognerà quindi diversificare l’offerta di prodotti, con un occhio a quelli più
“sostenibili”?

L’integrazione e la diversificazione dei prodotti energetici offerti è la chiave dei risultati positivi acquisiti della nostra azienda negli ultimi 5 anni e credo che lo sarà per molte altre aziende oil del settore rete ed extrarete nei prossimi anni.
Detto questo, personalmente non ritengo che il gas naturale sia il prodotto della transizione energetica e della mobilità eco sostenibile. I Balcani, storicamente privi di una rete di gas, hanno rinunciato a costruirne una collegata al Tap perché non ritengono che il gas naturale possa essere più conveniente dell’energia elettrica, che loro attualmente usano per le loro utenze civili. Questo è un esempio di come già alcune nazioni a noi vicine abbiano rifiutato questo tipo di sviluppo energetico, mentre l’Italia, che ha una delle reti metano più estese in Europa, continua ad investire nel gas naturale. In Italia è presente anche la maggiore rete d’Europa di distributori stradali di Gng (gas compresso) con circa 1.300 impianti, che cresce con nuove aperture ogni mese, ma la mia preoccupazione è che questo sviluppo inizia ad avere dei segnali decisamente negativi, come il numero delle immatricolazioni delle auto a metano in crisi da circa 24 mesi. Ciò renderà tale comparto poco remunerativo nel giro di un paio di anni.

E il Gnl?

L’avvento del Gnl, al di là dell’utilizzo nella rete del gas naturale, potrà avere successo solo nell’ambito del trasporto pesante e nella navigazione marittima, vista la sua obbiettiva difficoltà di approvvigionamento in Italia. Non vi sono ancora basi di carico che consentano una logistica distribuita su tutto il territorio nazionale e questo è un problema non banale che frenerà lo sviluppo di tale prodotto.

Cosa pensa della mobilità elettrica?

Ritengo che il futuro della mobilità sia l’ibrido nell’immediato e l’elettrico tra una decina di anni. In azienda nel luglio 2015 discussi con mio padre Alberto, fondatore della mia società e che ora purtroppo non c’è più, di un articolo del giornale Repubblica che lui aveva ritagliato per me. Era venuto a consegnarmelo in ufficio, e nell’articolo si parlava di auto ibride ed elettriche. Convenimmo insieme che l’era del petrolio era al tramonto, e con essa gli investimenti nel settore oil. Bisognava quindi accelerare sulla nuova organizzazione aziendale mirata a sviluppare il mercato dell’energia e del gas naturale con strumenti innovativi.

Prima di passare alla vendita di elettricità e gas, parliamo dell’extrarete. Qual è lo stato di salute del settore?

Ormai le card carburanti di varie società e i prezzi sempre più convenienti hanno spostato i clienti extrarete sulla rete, anche se l’aumento dei volumi complessivi del canale extrarete ha avuto come destinatarie solo le cosiddette pompe bianche, quindi il dato dei volumi in aumento è in gran parte falsato. Questo mi ha convinto a indirizzare la mia società ad abbandonare quasi completamente il settore extrarete negli ultimi anni. Le poche aziende ancora rifornite in extrarete sono solo quelle alle quali abbiamo completato l’offerta con i nuovi prodotti gas e power.

Ci sono arrivate segnalazioni di offerte in gare pubbliche con ribassi sospetti (40-50% sulla base d’asta). Com’è possibile?

Circa 10 anni fa, in accordo con i vertici della mia società, abbiamo abbandonato il settore delle gare pubbliche per due motivi: i soggetti appaltanti spesso non sono regolari nei pagamenti e in alcuni casi sono a rischio insolvenza (vedi Taranto); le gare vengono spesso assegnate con ribassi anomali senza che le amministrazioni appaltanti, pur sollecitate dalle aziende partecipanti, provvedano a verificare le offerte anomale per come previsto dal Codice degli appalti, con il risultato che alcune gare d’appalto non vengono portate a termine, altre volte vengono portate a termine in maniera antieconomica.

Stanno funzionando le norme contro le frodi nella distribuzione carburanti?

Le frodi sui carburanti sono un fenomeno fuori controllo su tutto il territorio nazionale e gli organi di controllo preposti hanno seri problemi nel contrastarlo con normative poco efficaci. Sembra quasi che nessuno a livello politico voglia fermare questo fenomeno illegale. A mio parere alcune soluzioni normative potrebbero essere adottate. Credo che l’Agenzia delle Entrate dovrebbe assumersi l’onere di rilasciare delle certificazioni, che attestino inequivocabilmente l’esatto ammontare dell’esenzione Iva a cui ha diritto un’azienda esportatrice, mentre le dichiarazioni d’intento dovrebbero essere totalmente eliminate. Le dichiarazioni d’intento false possono essere rilasciate sia ai depositi a regime fiscale di prodotti energetici (che ricevono una verifica quadrimestrale dall’Agenzia delle Dogane) ma anche ai depositi commerciali, quelli ad accisa assolta, che sono di gran lunga più numerosi e che ricevono scarsi controlli da parte degli organi preposti. In sostanza, il problema non sono i depositi fiscali o commerciali, ma la normativa voluta dal legislatore completamente inadeguata. Fino a quando le dichiarazioni d’intento ai fini Iva continueranno ad essere rilasciate a discrezione di una parte, sia essa una società o altra persona giuridica, ogni lotta all’illegalità sarà totalmente inefficace. Le ultime norme hanno sicuramente ristretto le possibilità d’azione dei trafficanti illegali di carburanti, ma l’illegalità continua, quindi le norme introdotte evidentemente non sono sufficienti.
Altro capitolo è quello dei transiti tra paesi della Comunità europea di prodotti energetici e in particolare di carburanti, che non dovrebbero avvenire con le modalità attuali, perché è ormai certo che il prodotto si perde nel nostro territorio nazionale e poi viene venduto nel canale illegale. Una soluzione potrebbe essere quella di costringere il soggetto proprietario del prodotto che transita sul nostro territorio ad avere un domicilio fiscale in Italia (come per gli yacht a noleggio che battono bandiera estera) che garantisca per l’accisa e l’iva di quel prodotto energetico in transito. Assopetroli, di cui la mia società fa parte, denuncia da tempo con forza in tutte le sedi istituzionali che molte società oneste del settore rete ed extrarete chiuderanno, se lo Stato non le tutelerà dalla concorrenza sleale del mercato illegale dei carburanti con una normativa efficace.

Passiamo alla diversificazione del business nella vendita di energia elettrica e gas. Perché questo passo?
Camer Petroleum Europa, di cui sono il direttore dal 1996, è nata 1970, ha operato e opera nel settore oil rete ed extrarete ormai da 47 anni. Nel 2011 ho voluto fortemente lo sviluppo del settore della vendita di gas naturale come logica conseguenza del fatto che avevamo numerose stazioni di servizio con metano per uso autotrazione. Inoltre volevamo offrire ai clienti extrarete un altro prodotto oltre al tradizionale oil. Negli ultimi anni da società di vendita del mercato libero siamo diventati shipper di gas naturale, accreditandoci alla borsa italiana del gas Mgas e in qualità di utenti del dispacciamento ci siamo accreditati alla borsa dell’energia elettrica Ipex. Il passaggio alla vendita del gas e dell’energia elettrica è avvenuto in un arco temporale di circa 5 anni e ci ha consentito in un momento di crisi economica reale del paese Italia di diversificare il nostro business e i nostri ricavi, anche in considerazione del restringimento dei margini pro litro nella rete carburanti e delle difficoltà dell’extrarete.

Che volumi d’affari avete nell’elettrico/gas? Chi servite?

Ho scelto negli ultimi 5 anni personale già formato da inserire nella mia società per operare sui mercati a termine dell’energia elettrica e del gas naturale. Ho concentrato il core business in un antico palazzo di famiglia a Galatina in provincia di Lecce (Salento), dove sono ora i nostri uffici. Ho preferito una cittadina più a misura d’uomo. Quest’anno prevediamo un fatturato che sfiorerà gli 80 milioni di euro. Il nostro mercato si rivolge principalmente alle Pmi. Ci rivolgiamo alle società di vendita del mercato libero medio-piccole, la maggior parte localizzate nel centro e nord Italia, ma anche ai clienti finali e alle aziende del sud Italia con una società del nostro Gruppo, la Camer Gas&Power, che vende al dettaglio. Vendiamo ai clienti domestici e solo attraverso le nostre agenzie distribuite tra Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Non operiamo con call center, a differenza di molte società del settore delle utilities, perché riteniamo che il cliente non sia adeguatamente fidelizzato, ma anzi infastidito da questo approccio commerciale.

Quali sono i problemi del settore? Perché ci sono così tanti fallimenti?

Dopo la liberalizzazione il settore delle utilities ed energy ha vissuto alterne vicende: da una parte le società multinazionali market-leader del settore, dall’altra sono nate dal nulla molte altre società, e si sono sviluppate in maniera sorprendente in un arco temporale di tre-quattro anni. Molte di queste società, pur avendo acquisito vaste quote di mercato senza badare a spese, presentano un capitale sociale e mezzi finanziari a volte insufficienti e spesso hanno la sede legale in un immobile in affitto, anche dopo aver superato 100 milioni di euro di fatturato.
La nostra società ha deciso invece di effettuare una crescita per fasi progressive, forte di una buona capitalizzazione e una storicità commerciale di 47 anni. I fallimenti di società del settore sono dovuti spesso a crescite improvvise di fatturato senza la necessaria liquidità a supporto di tale espansione commerciale. Molte società concludono contratti con i clienti finali domestici e non domestici o vincono gare d’appalto senza aver acquistato o senza avere le capacità finanziarie di acquistare la materia prima.

Perché vanno deserte molte gare per la fornitura di energia elettrica?

Per la scarsa liquidità presente nel mercato delle utilities, dove le società presenti non riescono più a finanziare come un tempo i cronici ritardi di pagamento di molti dei soggetti appaltanti. Con il passare del tempo sarà sempre più difficile trovare società partecipanti a queste gare. Anche nella vendita di elettricità e gas ci sono tanti raider, per non dire pirati.

Come si può dare una regolata al settore?

La liberalizzazione del settore era necessaria, perché diretta a favorire i consumatori finali, ma le regole che sono state poste nel mercato libero non lo tutelano dalle società, che usano in maniera spregiudicata lo strumento dei call center. Personalmente li vieterei per il settore energy. Basti pensare che questi call center acquistano pacchetti di numeri di telefono di clienti di società concorrenti, scelti per età, sesso, area geografica, consumi energetici ecc. e predatoriamente li tempestano di telefonate, acquisendo i clienti finali con politiche commerciali spesso scorrette. I contratti in forma semplificata di fornitura di energia e gas naturale per i clienti finali vanno nella direzione contraria agli interessi del consumatore, perché non sono decifrabili in tutte le componenti aggiuntive, neanche a volte da noi che riteniamo di essere sufficientemente esperti del settore. Insomma, la poca serietà la fa da padrone e il prezzo della materia prima non è la fonte principale di guadagno, tant’è che molte società per fare mercato vendono al di sotto del prezzo d’acquisto e ciò è un indice molto negativo su cui gli organi di vigilanza dovrebbero intervenire con norme molto severe.

Se le condizioni finanziarie del Paese dovessero peggiorare, che effetto ci sarebbe sulle società del settore?

Nel 2019 il sistema bancario italiano non riceverà più dalla Banca centrale europea iniezioni di liquidità come nel recente passato e questo comporterà una crisi di tutti i settori, ancora di più in quello delle utilities ed energy che ha bisogno di molta liquidità. Il mercato farà la sua selezione, come già sta avvenendo, ma di sicuro solo le società più solide ed equilibrate finanziariamente continueranno a svolgere in maniera proficua questa attività. In più, molte aziende del settore si trovano in difficoltà a fare accettare dalle controparti commerciali estere fideiussioni di banche italiane, perché il rischio Paese incide negativamente sul rating degli stessi istituti di credito. La nostra società intende crescere senza perdere di vista la propria identità territoriale: esistiamo da 47 anni e questo non è banale, per cui ci impegneremo per renderla sempre più solida e professionale, guardando sempre al futuro.

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